OSTEOPOROSI: una malattia di rilevanza sociale

Con 200 milioni di persone colpite, la malattia è di rilevanza sociale.

In Italia si stima che questa patologia interessi circa 3,5 milioni di donne ed 1 milione di uomini, ma oltre il 70% dei pazienti affetti da osteoporosi non sanno di esserlo poiché non svolgono controlli preventivi.

Così in molti casi, la patologia viene scoperta al verificarsi di una frattura.

Nella popolazione italiana con età superiore ai 50 anni le fratture di femore sono oltre 90 mila ogni anno, con un tasso di mortalità del 15-30% entro l’anno. Tra gli anziani, infatti, le fratture osteoporotiche sono una delle maggiori cause di morte, con un’incidenza simile a quella per ictus e carcinoma mammario, e superiore di 4 volte a quella per carcinoma endometriale.

Questa malattia sistemica dello scheletro è caratterizzata da una ridotta massa ossea e da alterazioni qualitative (della macro e microarchitettura) che si accompagnano ad un aumento del rischio di frattura.

L’osteoporosi è difficile da riconoscere, il più delle volte non dà nessun segno di sé: è stata definita il ” ladro silenzioso “, perché, senza segni, ruba per anni il calcio dal nostro osso.

Unica manifestazione evidente della malattia sono le fratture, anche a seguito di piccoli traumi come cadute accidentali.

Qual è allora il miglior percorso diagnostico per evidenziare l’osteoporosi?

Con gli esami di laboratorio è possibile monitorare la quantità di calcio presente nel sangue e nelle urine e l’eventuale carenza di vitamina D, ma informazioni più dettagliate si ottengono misurando il contenuto minerale dello scheletro (BMD) con l’esame strumentale chiamato Densitometria Ossea (DXA), definita anche MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata).

Accertata la presenza della patologia, la MOC è inoltre utile per valutare la risposta del paziente alla terapia farmacologica.

Il rischio di frattura osteoporotica è determinato oltre che da fattori che agiscono sulla riduzione della massa ossea, anche da fattori indipendenti da questa (come età, pregresse fratture da fragilità, familiarità per fratture osteoporotiche, terapia cortisonica, altre patologie concomitanti, etc).

Una persona con osteoporosi, in particolare se ha già subito fratture da fragilità, deve assolutamente seguire una terapia farmacologica: la semplice alimentazione ricca di calcio, l’attività fisica, e magari un supplemento di calcio e/o vitamina D non bastano più. Occorre aggiungere un farmaco capace di riportare il metabolismo osseo verso l’equilibrio fra riassorbimento e formazione. Negli ultimi anni sono stati raggiunti importanti progressi nel trattamento farmacologico dell’osteoporosi: attualmente la maggior parte dei pazienti è trattata con bifosfonati, denosumab, raloxifene, o teriparatide, ma nessuno di questi farmaci ha, però, la capacità di risolvere il  ”problema osteoporosi”, riportando l’osso osteoporotico ad una situazione di normalità. Possono soltanto rallentare o arrestare la progressione della malattia ma, soprattutto, sono in grado di ridurre il rischio di frattura.

In conclusione, possiamo quindi affermare che l’osteoporosi è una malattia che in molti casi si può e si deve prevenire e ciò lo si può realizzare soprattutto con l’informazione.

Tutti siamo potenzialmente a rischio, pertanto tutti dobbiamo conoscere i fattori di rischio per l’osteoporosi e quali sono le contromisure che ci possono aiutare ad evitarla.

Lo Specialista valuterà tutti i fattori di rischio e potrà così consigliare, se necessario, il trattamento più appropriato.

Dr. VENTURA Massimo 
Spec. Medicina Interna – Osteoporosi

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